Non fu facile, la sera del 17 novembre 2002, scrivere che Giulio Andreotti era stato condannato a 24 anni. Non per mafia, addirittura per omicidio. Neppure per me che quasi 10 anni prima, non appena la Giunta, presieduta da Giovanni Pellegrino, aveva concesso l’autorizzazione a procedere per l’uccisione di Mino Pecorelli mi ero avventurata nella ricostruzione della “controstoria” di questo giornalista scomodo che conosceva troppi segreti. Scrissi “Scoop mortale” e fu uno scandalo, nessuno credeva ancora che una simile accusa avrebbe retto nelle aule giudiziarie. Invece il 4 novembre 1995, a Perugia, attorno a mezzanotte, mentre fuori nevicava e da Tel Aviv arrivava la notizia che Rabin era stato ammazzato, con i direttori dei giornali impazziti, tornammo a scrivere che Andreotti con il fedele Vitalone erano stati rinviati a giudizio e proprio per omicidio.
Non fu facile raccontare la storia di Andreotti imputato. Per altro imputato modello, che mai mise in dubbio la legittimità della magistratura. Non lo è neppure oggi, mentre i telegiornali preferiscono sorvolare e allargare lo sguardo sulla sua storia di leader Dc, statista, uomo ponte tra Est e Ovest. Tocca a noi, umili cronisti, ricordare dieci anni di processi tra Roma, Palermo e Perugia che qualcuno oggi, con improvvisa amnesia, riassume affermando che si sono risolti in un nulla di fatto. Due processi, sei gradi di giudizio, ricorsi, eccezioni. La verità è che alla fine il Divo Giulio, soprannome che proprio Pecorelli gli aveva affibbiato, fu per metà assolto e per metà prescritto. La Cassazione annullò il processo di Perugia e l’accusa di omicidio ma confermò che Andreotti aveva intrattenuto rapporti con la mafia fino alla primavera 1980, riconoscendo come avvenuti gli incontri con Stefano Bontade, giusto a tempo affinché il reato cadesse in prescrizione per limiti di tempo.
A Giulio la teoria del complotto non era mai piaciuta. In quei dieci anni vi fece ricorso con parsimonia e in pochissime occasioni. Qualche frase gettata qua e là comprensibile a pochi, quasi si trattasse di dicerie. Americani, asse franco tedesco, sinistra giudiziaria? “No, forse ce l’avevano con me perché ero un po’ troppo europeista”. Una di queste occasioni fu il salotto di Bruno Vespa, proprio la sera della sua assoluzione a metà, con me nelle vesti dell’agnello sacrificale, data in pasto a un Giuliano Ferrara più esorbitante e aggressivo che mai. Fu il Divo Giulio, con uno dei suoi sorrisetti allusivi, a lanciarmi la ciambella di salvataggio con quella frase che lasciò tutti a mezz’aria. Come quando citando una massima evangelica, di cui non si conosce fonte, sentenziò: “Quando a Gesù fu chiesto di dire la verità, lui non rispose”. La sua maggiore capacità consisteva nel minimizzare le accuse che gli venivano rivolte, con una battuta, un sorrisetto sarcastico, un’allusione.
C’era il sole e c’era l’ombra, la neve a Perugia e lo scirocco a Palermo, noi umili cronisti sudavamo e battevamo i denti. Possiamo testimoniare che non ha mai saltato un pasto o tradito un’emozione. In aula scriveva, scriveva. Appunti? “Ma no, sto facendo un altro libro per pagare gli avvocati”. Ma non perdeva una battuta del processo, ogni tanto alzava gli occhi dal quadernetto, suggeriva qualcosa all’avv. Coppi che poco dopo si alzava e interveniva. Il delitto Moro, Sindona, lo scandalo dei Fondi neri, i rapporti con Licio Gelli. I misteri d’Italia sfilavano nelle aule giudiziarie per dissolversi alla fine in un suo commento sarcastico. I segreti logorano chi non ce l’ha. Nelle aule giudiziarie il processo Andreotti si è trasformato in quello a un’intera epoca, che ci sembra già tanto lontana, ma a lui questo non dispiaceva affatto.
Fino a quando in un giorno di mezza estate del 1990 ha svelato l’esistenza di Gladio, mandando in tilt i piani e gli apparati di tutti i paesi Nato. Di tutti i suoi segreti, questo in definitiva è il meno comprensibile. Forse qualcuno voleva sbarrargli il passo, impedirgli di diventare Capo di Stato, lui preferì giocare di anticipo. Tutti i rischi che potevano venirgli dall’azzardo di rivelare il più protetto segreto di Stato, dovevano apparirgli di gran lunga inferiori a quello che si stava preparando. Poi vennero le stragi di mafia, Falcone e Borsellino, Roma, Firenze, Milano. Come al solito non si era sbagliato.
Rita Di Giovacchino
Giornalista e scrittrice
Politica - 6 Maggio 2013
Giulio Andreotti, i segreti logorano chi non ce li ha
Non fu facile raccontare la storia di Andreotti imputato. Per altro imputato modello, che mai mise in dubbio la legittimità della magistratura. Non lo è neppure oggi, mentre i telegiornali preferiscono sorvolare e allargare lo sguardo sulla sua storia di leader Dc, statista, uomo ponte tra Est e Ovest. Tocca a noi, umili cronisti, ricordare dieci anni di processi tra Roma, Palermo e Perugia che qualcuno oggi, con improvvisa amnesia, riassume affermando che si sono risolti in un nulla di fatto. Due processi, sei gradi di giudizio, ricorsi, eccezioni. La verità è che alla fine il Divo Giulio, soprannome che proprio Pecorelli gli aveva affibbiato, fu per metà assolto e per metà prescritto. La Cassazione annullò il processo di Perugia e l’accusa di omicidio ma confermò che Andreotti aveva intrattenuto rapporti con la mafia fino alla primavera 1980, riconoscendo come avvenuti gli incontri con Stefano Bontade, giusto a tempo affinché il reato cadesse in prescrizione per limiti di tempo.
A Giulio la teoria del complotto non era mai piaciuta. In quei dieci anni vi fece ricorso con parsimonia e in pochissime occasioni. Qualche frase gettata qua e là comprensibile a pochi, quasi si trattasse di dicerie. Americani, asse franco tedesco, sinistra giudiziaria? “No, forse ce l’avevano con me perché ero un po’ troppo europeista”. Una di queste occasioni fu il salotto di Bruno Vespa, proprio la sera della sua assoluzione a metà, con me nelle vesti dell’agnello sacrificale, data in pasto a un Giuliano Ferrara più esorbitante e aggressivo che mai. Fu il Divo Giulio, con uno dei suoi sorrisetti allusivi, a lanciarmi la ciambella di salvataggio con quella frase che lasciò tutti a mezz’aria. Come quando citando una massima evangelica, di cui non si conosce fonte, sentenziò: “Quando a Gesù fu chiesto di dire la verità, lui non rispose”. La sua maggiore capacità consisteva nel minimizzare le accuse che gli venivano rivolte, con una battuta, un sorrisetto sarcastico, un’allusione.
C’era il sole e c’era l’ombra, la neve a Perugia e lo scirocco a Palermo, noi umili cronisti sudavamo e battevamo i denti. Possiamo testimoniare che non ha mai saltato un pasto o tradito un’emozione. In aula scriveva, scriveva. Appunti? “Ma no, sto facendo un altro libro per pagare gli avvocati”. Ma non perdeva una battuta del processo, ogni tanto alzava gli occhi dal quadernetto, suggeriva qualcosa all’avv. Coppi che poco dopo si alzava e interveniva. Il delitto Moro, Sindona, lo scandalo dei Fondi neri, i rapporti con Licio Gelli. I misteri d’Italia sfilavano nelle aule giudiziarie per dissolversi alla fine in un suo commento sarcastico. I segreti logorano chi non ce l’ha. Nelle aule giudiziarie il processo Andreotti si è trasformato in quello a un’intera epoca, che ci sembra già tanto lontana, ma a lui questo non dispiaceva affatto.
Fino a quando in un giorno di mezza estate del 1990 ha svelato l’esistenza di Gladio, mandando in tilt i piani e gli apparati di tutti i paesi Nato. Di tutti i suoi segreti, questo in definitiva è il meno comprensibile. Forse qualcuno voleva sbarrargli il passo, impedirgli di diventare Capo di Stato, lui preferì giocare di anticipo. Tutti i rischi che potevano venirgli dall’azzardo di rivelare il più protetto segreto di Stato, dovevano apparirgli di gran lunga inferiori a quello che si stava preparando. Poi vennero le stragi di mafia, Falcone e Borsellino, Roma, Firenze, Milano. Come al solito non si era sbagliato.
Io ci sarò ancora
di Miguel Gotor 16€ AcquistaArticolo Precedente
La Convenzione della “pacificazione”, un boomerang per Letta
Articolo Successivo
Valderice, il sindaco Iovino si ricandida (e si loda). Ma non ricorda la condanna
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Giustizia & Impunità
Sciopero magistrati, in Cassazione flash-mob con la Carta | Diretta. Milano, il giudice Roia: “Paura quando si vogliono sentenze in nome di aspettative politiche”
FQ Magazine
È morto Gene Hackman. L’attore trovato senza vita in casa con il corpo della moglie e del cane
I nostri video
Travaglio e Ranucci presentano Fratelli di chat: “Meloni arrivata a Chigi tradendo radici della destra”
Londra, 27 feb. (Adnkronos) - La regina Camilla 'rivendica' la parità di genere all'interno della famiglia reale, andando a cercare il marito, re Carlo, che si era allontanato durante il loro ultimo impegno reale. E' accaduto ieri, quando la coppia reale ha visitato il Darjeeling Express, un ristorante indiano in Kingly Court a Soho, nel centro di Londra. La sovrana, in cucina per aiutare il personale a impacchettare scatole di biryani da inviare all'organizzazione benefica Doorstep, ad un certo punto ha detto: "Penso che dovrebbe essere mio marito a farlo" e, ridendo, ha aggiunto: "Signori, vi stiamo aspettando". Non avendo il marito risposto, Camilla ha deciso di prendere in mano la situazione: ha interrotto il suo lavoro ed è andata a chiamare Carlo, intento a salutare altri ospiti, perché si occupasse anche lui di fare le porzioni.
La regina ha dapprima cercato di attirare la sua attenzione con cenni della mano e poi tossendo rumorosamente, fin quando Charles l'ha raggiunta in cucina e si è messo anche lui a confezionare i pacchetti della pietanza indiana a base di riso. Tra l'altro felicissimo di farlo, soprattutto quando gli hanno detto che una porzione del biryani al curry sarebbe stata inviata per lui a Palazzo. "Fantastico!", ha esclamato il re, che in seguito si è prodigato assieme alla moglie nel confezionare anche datteri in piccoli sacchetti da inviare agli ospedali durante il Ramadan, che inizierà venerdì sera e durerà fino al 30 marzo.
Varsavia, 27 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro polacco Donald Tusk risponde all'affermazione di Donald Trump secondo cui l'Unione Europea "è stata creata per fregare gli Stati Uniti". "L'Ue non è stata creata per fregare nessuno. Al contrario. È stata creata per mantenere la pace, per costruire rispetto tra le nostre nazioni, per creare un commercio libero ed equo e per rafforzare la nostra amicizia transatlantica. Semplicemente così", ha scritto Tusk su X.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - “Buon lavoro al senatore Pierantonio Zanettin, eletto presidente della commissione di inchiesta del Senato sul sistema bancario. Sono certo che, con la sua competenza e la sua esperienza, svolgerà un buon lavoro a tutela dell'efficienza di strutture di primaria importanza per il Paese ed a tutela dei risparmiatori”. Lo dichiara il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri.
(Adnkronos) - “Con questo provvedimento spero cominci una nuova stagione di intervento concreto e fattivo per contrastare la tentazione antisemita che si riaffaccia con prepotenza", ha affermato Mara Carfagna, di Noi moderati. “Visitare uno dei luoghi in cui la Shoah è stata perpetrata, è fondamentale per comprenderla per lo studente che per la prima volta si occupa della Shoah", ha aggiunto Antonio D’Alessio, deputato di Azione.
Per Roberto Giachetti, di Italia viva, “in un momento storico in cui la soglia di attenzione si sta drammaticamente abbassando, è importante affidare a luoghi evocativi una funzione di visione e giudizio più efficaci delle opinioni di parenti e, in generale, più delle parole. L’istituzione di un fondo annuale che doti le scuole della possibilità di organizzare viaggi nei campi di sterminio è per questo un’iniziativa intelligente, utile e da condividere senza dubbi".
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - Con 263 voti a favore la Camera ha approvato all'unanimità la modifica alla legge che ha istituito il Giorno della Memoria per introdurre presso il ministero dell'Istruzione e del merito un fondo con una dotazione di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027, per promuovere e incentivare, nel rispetto dell'autonomia scolastica, i 'viaggi nella memoria' ai campi di concentramento nazisti, per gli studenti degli ultimi due anni delle scuole secondarie di secondo grado. Obiettivo "far maturare la coscienza civica delle nuove generazioni rispetto all'estrema sofferenza patita dal popolo ebraico durante la persecuzione nazista della Shoah".
Il testo, già approvato dal Senato, torna all'esame dell'Assemblea di Palazzo Madama, dopo una correzione tecnica apportata dall'Aula di Montecitorio, relativamente agli anni a cui fa riferimento il finanziamento.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - La prima edizione della 1000 Miglia Experience Usa Florida ha ufficialmente tagliato il traguardo, portando a termine un viaggio di 1000 miglia nel Sunshine State. Negli ultimi tre giorni, 70 auto fra storiche e moderne hanno gareggiato lungo un percorso che si è esteso da Miami a Naples, e poi Venice, Tampa, Cape Canaveral e West Palm Beach, per chiudere infine a Miami Beach.
Bruce e Logan Roch hanno conquistato la vittoria nella classe 1000 Miglia Original (Jaguar XK 120 OTS del 1953), Gabriel e Gabriel Hrib Jr hanno vinto la categoria Classic Icons (Jaguar XK150 S del 1959), mentre Fabrizio Macario e Giovanna Di Costanzo (Ferrari 488 Gts del 2018) si sono aggiudicati il trofeo nella classe Hypercar & Supercar. Per il gran finale dell’evento si è tenuta un'elegante cerimonia di premiazione al Biltmore Hotel di Coral Gables.
“Questo viaggio è stato un omaggio al fascino senza tempo dell'automobilismo storico e all'amore condiviso per l'eccellenza. Chiudiamo questo capitolo inaugurale guardando avanti con grande ambizione”, ha commentato Massimo Cicatiello, Presidente di Ega Usa.
“70 auto in gara e grande successo di pubblico: la prima edizione di 1000 Miglia Experience Usa Florida ha colto nel segno e regalato emozioni ai protagonisti sulle auto e sulle strade. Siamo stati accolti ovunque con grande calore e partecipazione, ricordo con grande piacere l’entusiasmo in località suggestive come Venice e il fascino di Cape Canaveral, e abbiamo toccato con mano due aspetti diversi ma emblematici e affascinanti di questo grande Paese: le lunghe distese di strade e le iconiche località turistiche e residenziali che ci hanno accompagnato lungo il percorso – ha dichiarato Aldo Bonomi, Presidente di Automobile Club di Brescia - il mio più sentito ringraziamento va agli organizzatori locali ma, in particolare, agli equipaggi che hanno preso parte a questa prima edizione in Florida, a conferma che il format ha grande appeal anche in nuovi territori e mercati: il mio augurio è di incontrarli presto in Italia, alla partenza della Corsa a Brescia, la Città della 1000 Miglia che, anche grazie a manifestazioni come 1000 Miglia Experience Usa Florida si espande nel mondo nel segno della Freccia Rossa.“
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - La prima edizione della 1000 Miglia Experience Usa Florida ha ufficialmente tagliato il traguardo, portando a termine un viaggio di 1000 miglia nel Sunshine State. Negli ultimi tre giorni, 70 auto fra storiche e moderne hanno gareggiato lungo un percorso che si è esteso da Miami a Naples, e poi Venice, Tampa, Cape Canaveral e West Palm Beach, per chiudere infine a Miami Beach.
Bruce e Logan Roch hanno conquistato la vittoria nella classe 1000 Miglia Original (Jaguar XK 120 OTS del 1953), Gabriel e Gabriel Hrib Jr hanno vinto la categoria Classic Icons (Jaguar XK150 S del 1959), mentre Fabrizio Macario e Giovanna Di Costanzo (Ferrari 488 Gts del 2018) si sono aggiudicati il trofeo nella classe Hypercar & Supercar. Per il gran finale dell’evento si è tenuta un'elegante cerimonia di premiazione al Biltmore Hotel di Coral Gables.
“Questo viaggio è stato un omaggio al fascino senza tempo dell'automobilismo storico e all'amore condiviso per l'eccellenza. Chiudiamo questo capitolo inaugurale guardando avanti con grande ambizione”, ha commentato Massimo Cicatiello, Presidente di Ega Usa.
“70 auto in gara e grande successo di pubblico: la prima edizione di 1000 Miglia Experience Usa Florida ha colto nel segno e regalato emozioni ai protagonisti sulle auto e sulle strade. Siamo stati accolti ovunque con grande calore e partecipazione, ricordo con grande piacere l’entusiasmo in località suggestive come Venice e il fascino di Cape Canaveral, e abbiamo toccato con mano due aspetti diversi ma emblematici e affascinanti di questo grande Paese: le lunghe distese di strade e le iconiche località turistiche e residenziali che ci hanno accompagnato lungo il percorso – ha dichiarato Aldo Bonomi, Presidente di Automobile Club di Brescia - il mio più sentito ringraziamento va agli organizzatori locali ma, in particolare, agli equipaggi che hanno preso parte a questa prima edizione in Florida, a conferma che il format ha grande appeal anche in nuovi territori e mercati: il mio augurio è di incontrarli presto in Italia, alla partenza della Corsa a Brescia, la Città della 1000 Miglia che, anche grazie a manifestazioni come 1000 Miglia Experience Usa Florida si espande nel mondo nel segno della Freccia Rossa.“